Architettura e incisione negli anni di Giulio Romano
Mostra a cura di Giulio Girondi
22 marzo – 9 giugno 2019
Inaugurazione: venerdì 22 marzo, ore 16:30
La mostra ha il patrocinio di Comune di Mantova, Rotary Club Mantova, Gruppo Giovani Industriali di Mantova
Nell’anno
in cui Mantova celebra Giulio Romano, la piccola mostra allestita al Museo
Diocesano Francesco Gonzaga intende mettere al centro alcune delle
“architetture virtuali” ideate dall’allievo di Raffaello: non edifici
realizzati, quindi, ma rimasti sulla carta a fare da sfondi e quinte prospettiche
a molti dei soggetti ideati da Giulio. Già nel Cinquecento, molti di questi
disegni (spesso serviti per affreschi o arazzi) sono stati tradotti in
incisione, contribuendo non poco alla fortuna dell’artista romano. Di
conseguenza, è sembrato fondamentale allargare il discorso, ampliandolo al tema
della presenza di fondali architettonici nelle incisioni italiane del
Cinquecento. La questione è di una certa
complessità, perché questa mostra non intende occuparsi della rappresentazione
di edifici (reali o di progetto) e della loro divulgazione attraverso il nuovo
strumento della calcografia. Non si vuole neppure indagare la relazione tra
architettura e arti visive nella costruzione dello spazio prospettico
rinascimentale. L’obiettivo di questa mostra è invece quello duplice di
mostrare, da un lato, la forza dell’“immaginario architettonico” proprio degli
artisti che dell’architettura ebbero solo una conoscenza indiretta (pittori e
incisori, quindi) e, dall’altro, accertare una reale “dignità architettonica”
per quegli edifici virtuali che, pur se relegati al mero ruolo di fondali,
furono concepiti da artisti che erano anche architetti come, appunto, Giulio
Romano.
La mostra, allestita nella “sala Rossa” del museo, è
composta da una quindicina di preziose incisioni realizzate entro la metà del
Cinquecento e pressoché tutte in tiratura d’epoca. Tratti da soggetti di
Raffaello, Baccio Bandinelli, Bertani e, ovviamente, Giulio Romano, saranno
esposti bulini dei mantovani Giorgio Ghisi, Giovanni Battista e Diana Scultori,
ma anche di autori della “galassia” raimondesca come Agostino Veneziano e Marco
Dente da Ravenna.
La mostra è accompagnata da un volume edito da Il Rio: non si tratta tanto di un
“catalogo” – perlomeno non nel senso tradizionale del termine – ma di una
“guida alla mostra”, senza le consuete schede, ma con una maggiore
contestualizzazione delle opere esposte all’interno di veloci saggi dal taglio divulgativo.
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